Narrativa straniera Avventura Due uomini buoni
 

Due uomini buoni Due uomini buoni

Due uomini buoni

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L’ammiraglio in pensione Pedro Zárate e don Hermógenes Molina sono membri della prestigiosa Real Academia Española, ma soprattutto sono due uomini buoni, colti e di ampie vedute in una Spagna che invece, alla fine del Settecento, sembra ancora sorda al richiamo dei Lumi. Quando i due ricevono dai loro colleghi della Academia l’incarico di andare a Parigi per acquisire i ventotto volumi della prima edizione dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, all’Indice nei due paesi, nessuno sospetta che il viaggio si trasformerà in un’avventura piena di pericoli e di agguati. Lungo strade fangose e infestate dai banditi, i due raggiungono la capitale dei caffè e dei salotti, della vita libertina e delle agitazioni politiche alla vigilia della Rivoluzione, ma anche quella delle banlieues più povere e miserabili, alla ricerca del libro che, più di tutti, incarna l’ansia di libertà e fa vacillare troni e governi.



Recensione della Redazione QLibri

 
Due uomini buoni 2015-10-23 15:34:13 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    23 Ottobre, 2015
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Sono gli schiavi a creare i tiranni..

Con un titolo che fa riferimento in modo così esplicito ai due protagonisti della storia, mi sembra doveroso presentarveli prima di ogni giudizio o commento sul romanzo stesso.
I 'due uomini buoni' sono don Pedro Zárate e don Hermógenes Molina, due nomi che probabilmente risulteranno sconosciuti al 99,9% di voi, escluso me ed il caro collega qui sotto che ha già commentato tale romanzo; si tratta però di due nomi che appartengono a personaggi realmente esistiti.
E non cercate - come ho già fatto io da gran curiosone che sono - di spiare i loro profili Facebook perché i personaggi estratti dal filtro di ricerca (per quanto alcuni possano risultare anche affascinanti ad un occhio femmineo) non corrispondono ai nostri 'uomini buoni': sia perchè essi sono vissuti nel XVIII secolo quando il 'download' di Zuckerberg nel mondo terreno non era stato ancora avviato da nostro Signore, sia perché oggi come oggi 'uomini buoni' sono perle rare e generalmente poco esposte su una vetrina pubblica come Facebook.
Facile intuire, comunque, dal nome che si tratta di due spagnoli, precisamente due membri dell'onorevole e prestigiosa Real Academia Española, un'istituzione nata con lo scopo di salvaguardare la purezza della lingua castigliana dalle contaminazioni delle culture straniere; una sorta di Accademia della Crusca, per intenderci.
Un'istituzione, quindi, dal chiaro stampo conservatore, soprattutto all'epoca della sua fondazione nel 1713 quando la Spagna, ancora pregna del clima di terrore generato dall'Inquisizione e dal potere ecclesiastico di Roma, bandiva come eretiche le 'voci' che provenivano dalla vicina Francia, idee e pensieri di uomini 'illuminati' dalla ragione e dalla scienza, e pertanto pericolosissimi per la salute e la sopravvivenza di un potere monarchico-religioso basato proprio sulla negazione della ragione, sull'oscurantismo della mente che piegava gli animi ad una cieca obbedienza.
E si avvertivano chiaramente tra le strade di Parigi i primi focolai di quell'incendio che scuoterà dalle fondamenta il regime monarchico francese dando vita al movimento rivoluzionario più travolgente di tutta la storia, i cui effetti si allargheranno a macchia d'olio nell'intera Europa con la stessa potenza che avrebbe oggi un evento mediatico di primaria importanza, come ad esempio l'uscita del nuovo iphone...
"... la visita fatta ieri, sconcertante perchè inattesa, ad alcune strade umili di questa città dove il fasto dell'urbe si ottenebra di fronte alla sordidezza della vita dei più poveri, dove ogni necessità ha il suo esempio e ogni vizio la sua triste manifestazione. Il che dimostra che, perfino in nazioni colte e in città in cui maestosità e lumi sono più evidenti, creature sventurate patiscono offese e accumulano pericoloso rancore. Del che dovrebbe prendere nota, per la propria salvezza, chi ha per obbligo lavorare per la felicità dei popoli che Dio gli ha affidato."
Ed è in questo contesto storico così turbolento che si colloca la missione di cui sono incaricati i due 'uomini buoni', per conto della stessa Accademia Spagnola, quella cioè di recuperare e trasferire in Spagna, sotto la custodia intellettuale degli accademici, l'opera più imponente e più discussa dell'epoca, messa all'indice in tutta Europa come opera sovversiva ed ingannatrice, divulgatrice di concetti e filosofie in chiara contrapposizione alle verità assolute difese strenuamente dalla Santa Inquisizione: la prima edizione in 28 volumi dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert.
Una missione che coinvolgerà i due protagonisti in un'avventura irta di difficoltà, sia per la durata del viaggio sia per la particolarità del 'carico', visto che alcuni 'uomini cattivi' cercheranno di ostacolare l'arrivo dell'Enciclopedia in Spagna evitando così che tale opera possa infangare, dal loro punto di vista, il prestigio della stessa Accademia.
E quando si parla di avventura il nome di Arturo Pérez-Reverte è una garanzia: per la scrupolosa e minuziosa ricostruzione dei luoghi e del costume sociale dell'epoca, preceduta da uno studio analitico di testi e mappe storiche che l'autore ha documentato nello stesso romanzo, alternando il racconto vero e proprio del romanzo con quello del suo personale percorso di approfondimento storico.
E ciò che la realtà storica non documenta viene integrato dalla fantasia dell'autore, finzione a supporto della storia e miscelata ad essa in perfetto amalgama.
Una scrittura pulita, elegante, direi quasi in 'pendant' con la galanteria e l'erudizione dei due gentiluomini; ecco, ciò contribuisce a rendere estremamente coinvolgente questo romanzo, nel senso che leggendo quelle pagine vi sentirete subito catapultati nella Francia del 18° secolo, come se foste all'interno di una macchina del tempo: e vi ritroverete così a passeggiare tra le strade di Parigi, lungo la Senna per Saint-Denis, passando sotto le sinistre mura medievali del Petit Chatelet, seguendo il molo fino a raggiungere place de Greve per poi ammirare "la vicina isola di Saint-Louis, il Pont Rouge e le torri bianche della cattedrale che s'innalzano sui tetti d'ardesia"; e vi ritroverete ad osservare con curiosità, sin nei minimi gesti, uomini e donne dell'alta nobiltà gustare un caffè seduti ai tavolini dei bar, incipriati, avvolti da parrucche e cappelli sfargianti all'ultima moda (a proposito, lo sapevate che l'ignobile idea di sostituire la comoda cerniera lampo sulla patta dei pantaloni maschili con quei fastidiosissimi bottoni è stata partorita proprio da un sarto francese dell'epoca che riteneva poco elegante quel meccanismo ad incastro, che seppur a volte soggetto a inceppature, era a mio parere una gran comodità nel momento del bisogno?)
e potrete infine assistere alle innumerevoli discussioni che animano i salotti dell'epoca, da quelle più impegnative sulle innovative scoperte in ambito scientifico o sulle irriverenti teorie filosofiche illuministiche:
"Non è meglio gettarsi nelle braccia di una natura cieca, priva di saggezza e di obiettivi, piuttosto che tremare per tutta la vita schiavizzati da una presunta Intelligenza Onnipotente, che ha disposto i suoi sublimi disegni affinchè i poveri mortali abbiano la libertà di disobbedirvi, e trasformarsi così in continue vittime della sua collera implacabile? (d'Holbach)"
a quelle più frivole e libertine:
"A Parigi l'amore non è altro che un libertinaggio mitigato, un esercizio sociale che sottomette i nostri sensi senza impegnare la ragione o il dovere. Delicato per la sua incostanza, non esige sacrifici che ci costino cari. Il seduttore non è tale se non per colei che vuole essere sedotta, e la vera virtù può conservarsi intatta in tutto questo. L'amore è leggero, volatile, e svanisce con la noia.."
Un romanzo d'avventura in stile classico, assolutamente consigliato agli amanti del genere.. a chi, per esempio, mantiene sempre riservata in un angolo della sua libreria una copia dei Tre Moschettieri di Dumas.

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Due uomini buoni 2024-04-22 16:52:12 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    22 Aprile, 2024
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Due accademici alla ricerca dell’Illuminismo

Presso la Real Academia Española a Madrid è presente una copia della prima edizione integrale dell’Encycopedie curata da Diderot e D’Alembert. L’Autore-narratore, accademico di questa prestigiosa istituzione, ne resta affascinato e, incuriosito, si comincia a domandare come, un’opera così rara e preziosa, sia potuta arrivare sin lì, soprattutto se, come gli confermano i colleghi, è certamente giunta alla fine del XVIII secolo quando, oltre a essere formalmente proibita in Francia, era posta all’indice pure dalla Santa inquisizione spagnola che mai avrebbe consentito l’importazione della monumentale trattazione, ritenuta eretica e offensiva della fede.
Per l’A. inizia, così, una appassionante ricerca tra gli atti e i verbali dell’Academia e nei documenti che relazionano sulla storia di quell’ultimo quarto di secolo che, di lì a poco, sconvolgerà il mondo con la rivoluzione in Francia.
Quindi, sulla scia di quanto rinvenuto, ci narra le avventure degli accademici Don Hermógenes Molina, bibliotecario dell’Academia, e don Pedro Zárate, brigadiere in pensione della Marina Reale, ma chiamato ammiraglio dai colleghi. I due verranno incaricati dal direttore Francisco de Paula Vega de Sella, marchese di Oxinaga, di recarsi a Parigi per acquistare e portare a Madrid i preziosi volumi che arricchiranno la collezione della biblioteca e aiuteranno gli accademici nella revisione del loro monumentale Diccionario Catalan.
L’impresa non si rivelerà per nulla facile, un po’ per la rarità dell’enciclopedia — i ventotto volumi della prima edizione, l’unica attendibile come contenuti, furono stampati in poco più di 4000 esemplari, la maggior parte dei quali venduti all’esterno della Francia, stante la contrarietà religiosa alla sua diffusione, e quelle poche edizioni ancora disponibili raggiunsero presto costi stellari — un po’ perché due loro colleghi accademici, Manuel Higueruela e Justo Sánchez Terrón, di contrapposte posizioni ideologiche, ma entrambi fermamente contrari all’acquisizione dell’opera, si accorderanno segretamente con un sordido individuo, perché faccia di tutto per ostacolarli.

Con questo suo romanzo del 2015 Pérez-Reverte tenta un interessante esperimento con il quale, attraverso le righe di ciò che, ufficialmente, dovrebbe essere “solo” un romanzo storico, cerca di riproporre e veicolare le idee e i principi che hanno ispirato la filosofia illuminista e hanno fatto grande quel movimento di pensiero trasformandolo nel motore che ha radicalmente mutato la cultura occidentale.
In effetti, ciò che evidentemente interessa di più l’A. non sono tanto e solo le avventure dei due accademici attraverso una Spagna e una Francia turbolente e perniciose, quanto l’enunciazione dei fondamenti portanti dell’epoca dei lumi e il dibattito che ne seguì, a sostegno o in opposizione a quelle tesi. A dar voce e difendere, nelle diverse graduazioni, i principi dell’illuminismo scenderanno in campo, con lunghi e argomentati dibattiti, i due “uomini buoni”: don Hermógenes, pacato e pio studioso che, pur affascinato dalle nuove tesi, si fa scrupolo di non abbandonare la sua pietas religiosa e il devoto rispetto dei principi del cristianesimo; più apertamente riformatore e cinicamente scettico nei confronti delle tesi moderate del compagno è l’ammiraglio don Pedro, agnostico e pessimista di natura. Si unirà a loro nelle dispute verbali l’abate (di nome, ma non di fatto) Salas Bringas Ponzano, il Virgilio che li guiderà per Parigi e li assisterà nella difficile ricerca dell’Encycopedie. L’uomo manifesterà posizioni accesamente rivoluzionarie; un deciso, sanguinario giacobino ante litteram, al punto che l’A. gli farà fare la medesima fine dell’avvocato di Arras. I suoi pensieri, non più moderati di quelli che esporrà a gran voce Robespierre nel Comitato di salute pubblica durante il Terrore, scandalizzeranno e stupiranno i due accademici, ma si riveleranno profetici.
Nella narrazione non manca neppure spazio per l’esposizione delle tesi opposte, da quelle più radicalmente conservatrici e intransigentemente bigotte del giornalista baciapile Higueruela a quelle di Sánchez Terrón, illuminista radicale, ma favorevole solo a una elitaria ed esclusiva diffusione della filosofia innovatrice che non consegni quel “materiale infiammabile in mani poco adatte”.
Al temine della lettura resta il sospetto che il libro sia una sorta di testamento spirituale dell’A. e un modo per affermare a gran voce che, anche oggi, quei principi vadano difesi, anzi attuati per evitare di ricadere nel dogmatismo e nella soggezione a un mondo che l’A. non ha mai nascosto di ritenere ignorante e brutale; un mondo che ha tradito gli ideali dell’Illuminismo.
Ne discende che le pagine più curate e attentamente elaborate sono proprio quelle nelle quali i protagonisti si confrontano su quegli argomenti filosofici e dibattono su temi quali religione contro laicità; ragione e progresso contro tradizione e ossequio dei dogmi cattolici; libertà o tirannia; prevalenza della scienza o del precetto divino; eguaglianza tra gli uomini e indipendenza di pensiero, o subordinazione a una guida superiore, sia essa divina che di un saggio sovrano. Nessuna delle posizioni dell’epoca verrà taciuta, tutte elaborate e contestate.
Purtroppo, l’aver preferito una narrazione che predilige il ragionamento all’azione (che non manca, ma è assai diluita tra i capitoli) rende un po’ lenta e faticosa la lettura. L’aver giocato soprattutto sui lunghi dialoghi pro e contro le varie tesi appesantisce lo scritto. Chi è abituato alla prosa di Pérez-Reverte, fluida, emozionante e coinvolgente, resterà, forse, parzialmente deluso. Infatti gli argomenti, senza dubbio importanti e su cui riflettere, spesso sono dibattuti in modo troppo “accademico” e l’attenzione tende a scivolare via.
Segnalo che alla narrazione principale è abilmente intrecciata pure una sorta di relazione autobiografica i cui intermezzi servono all’A. a raccontarci il come e il perché delle sue ricerche storiche e l’impegno profuso per ricreare con fedeltà e accuratezza le ambientazioni, i personaggi e le situazioni, studiando trattati e documenti storici, compulsando antiche mappe, ripercorrendo le stesse strade di quel viaggio avventuroso e parlando con esperti per approfondire le specifiche materie. In pratica nel libro è inserita una sorta di manuale su come comporre un romanzo storico con proprietà e accuratezza documentale. Queste parentesi, se, da un lato, rallentano e spezzettano ulteriormente il racconto sulle avventure degli accademici, dall’altro appaiono stimolanti nell’illustrare cosa sia, per davvero, il difficile mestiere dell’autore letterario.

In conclusione un bel libro, pieno di concetti importanti e di descrizioni avvincenti, ma non sempre piacevolissimo e di lettura scorrevole e agevole. Comunque, da leggere per ricordarci chi siamo o, almeno, chi dovremmo essere per non rinnegare coloro che hanno fatto evolvere la nostra civiltà.

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Due uomini buoni 2015-09-21 17:42:25 Alberto30
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Alberto30 Opinione inserita da Alberto30    21 Settembre, 2015
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ARTURO PEREZ-REVERTE, CHE SCRITTORE!

"Due uomini buoni" è l' ultima straordinaria prova narrativa e storica di Arturo Perez-Reverte.
Il libro narra la vicenda dell' acquisizione dell' "Encyclopédie" da parte di due membri della Real Academia Espanola, "due uomini buoni" per l' appunto, che nella Spagna e soprattutto attraverso la Francia pre rivoluzionaria di fine 1700 affronteranno vicende e incontreranno personaggi sorprendenti. Il lettore che si imbatterà in personaggi storici realmente esistiti, carnefici e vittime della grande rivoluzione che di lì a poco sarebbe scoppiata, si troverà completamente assorbito dall' atmosfera, dai costumi e dai pensieri controversi di quel periodo che anticipava ed era culla di uno dei momenti più importanti della storia moderna.
La narrazione, intervallata dalle parole dell' autore della vicenda, nel quale si può scorgere senza difficoltà l' alter ego di Perez-Reverte é fresca e fluida, scorre veloce nonostante i dialoghi siano più consoni al diciottesimo secolo che ai giorni nostri.
Non solo nei contenuti o nella grammatica ma anche nella flemma prosaica dei discorsi diretti e nei dialoghi infarciti di salamelecchi dell' epoca si riconosce la straordinarietà del testo e la maestria di un narratore sopraffino qual è Perez-Reverte.
L' autore spagnolo, attraverso gli occhi dei due accademici spagnoli protagonisti del testo, cercherà di raccontare un' epoca fondamentale per l' umanità. Lumi, speranze e contraddizioni altari di una nobiltà che pretendeva di essere illuminata ma che in parte era già corrotta e quindi compromessa, e l' utopia di un popolo ancora inconsapevole. In questo mondo sguazzano Don Pedro e Don Hermes alla ricerca di un' Enciclopedia che potrebbe donare alla Spagna, rimasta schiava delle proprie "superstizioni", speranza, scienza e cultura. Ma nella cattolicissima Spagna non tutti la pensano in questo modo ed il viaggio diverrà perciò molto più complicato e pericoloso del previsto.
Narrativa ottima, libro d' avventura eccellente. Reverte si conferma un narratore senza rivali.

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